32 – Venerdì 12 giugno 2020
Il sesso debole?
(Pergolesi, La serva padrona, «Stizzoso, mio stizzoso!»)
Nel Settecento l’opera italiana è un vero fenomeno europeo. Nel 1746 all’Hôtel de Bourgogne di Parigi viene rappresentata per sole quattro sere “La serva padrona” di Giovanbattista Pergolesi. È un intermezzo in due parti che il giovanissimo compositore marchigiano aveva inserito all’interno della sua opera seria “Il prigionier superbo”. Se la ‘prima’ parigina passa sostanzialmente inosservata, tutto cambia sei anni dopo, nel 1752, quando, per una serie di coincidenze, l’operina approda addirittura sul palcoscenico dell’Opéra. La esegue una compagnia di modesta levatura, diretta da un certo Eustachio Bambini che era a capo dell’Opera italiana a Strasburgo. L’effetto è clamoroso e del tutto inaspettato.
Vedendo “La serva padrona”, anche chi non ha alcuna dimestichezza con l’opera percepisce subito come questo linguaggio musicale sia perfetto per descrivere i caratteri dei personaggi, con una vivacità inimmaginabile in un’opera seria, nobile sì, ma anche rigida nel descrivere solo concetti sublimi in bocca a grandi personaggi storici o mitologici. Qui abbiamo semplicemente Uberto, un attempato signore indeciso e irrequieto, che non riesce a farsi ubbidire dalla sua serva Serpina, volubile ma assolutamente determinata, che dopo una serie di liti lo convincerà a sposarla. Con un lieto fine del tutto naturale e non forzato. È teatro allo stato puro.
Ascoltiamo “Stizzoso, mio stizzoso!” interpretato dal soprano Sonya Yoncheva e dal baritono Furio Zanasi nell’allestimento di Mando Bernardinello per la Radiotelevisione della Svizzera Italiana nel 2008. L’ensemble I Barocchisti è diretto da Diego Fasolis.
Viva l’opera, viva il Teatro, viva il Baretti.
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