DIMMI SU COSA GIURI

di Valentina Diana

con Lorenzo Fontana, Gianluca Gambino, Olivia Manescalchi

direzione tecnica e luci Alberto Giolitti
tecnico del suono Nicolò Barbonese

regia Olivia Manescalchi e Lorenzo Fontana

produzione Associazione Baretti

si ringrazia Cha.rly Vintage & Flowers per aver vestito i Signori Romoletti
si ringraziano il Dott. Legnami, il Dott. Cardesi e la Dott.ssa Muggia

Giuramento di Ippocrate:
“Consapevole dell’importanza e della solennità dell’atto che compio e dell’impegno che assumo, giuro di prestare, in scienza e coscienza, la mia opera, con diligenza, perizia e prudenza e secondo equità, osservando le norme deontologiche che regolano l’esercizio della medicina e quelle giuridiche che non risultino in contrasto con gli scopi della mia professione.
lo giuro.”

Questo spettacolo ha inizio con un giuramento: il giuramento prestato da ogni futuro medico, nel momento in cui si appresta ad offrire la propria prestazione di medico, ai futuri pazienti. Il medico giura e, mentre giura, si fa vestale del proprio ruolo enorme e simbolico: Io sarò colui che rimedia, cura, si prenderà cura, e guarirà, il malato, dalla malattia. Io riaggiusterò tutto, riposizionerò ogni cosa al suo giusto posto, correggerò gli errori e scaccerò la morte e restituirò la vita.

Per il paziente è medico è una specie di saggio nelle mani del quale si affida con assoluta speranza. Colui che sa cosa fare, che ha studiato e, dunque, conosce, comprende e assolve e ripara. Il medico è l’antidoto alla mortalità.
Perché con diligenza e perizia e prudenza presta la sua opera.

Un idraulico non giura diligenza perizia e prudenza alla cura dei tubi del lavandino. Ma li ripara.
Un calzolaio non giura diligenza perizia e prudenza alla cura delle scarpe, ma le ripara.
Dunque un medico, che giura, ripererà ancora di più, con ancora più precisione e dedizione, con passione. Con amore.

Noi ci fidiamo. Ci fidiamo del fatto che il medico sia nato con la vocazione (un po’ come un prete) di prendersi cura del nostro corpo.
Un po’ ci fidiamo, un po’ dubitiamo. Come tutti i fedeli.
Ma il medico, da parte sua, chi è?
Cosa prova, dal suo lato, dal suo punto di vista, nel luogo in cui opera la sua missione.
Un ospedale, è il tempio di Esculapio?
Come dunziona un ospedale?
Chi lo governa?
Quali regole lo amministrano, e quali amministratori lo gestiscono?

Per rispondere a queste domande senza finire frantumati nel terrore, ci siamo serviti di uno specchio deformante. In questo caso, lo specchio, è lo specchio del comico dell’assurdo del paradosso. Siamo nella web serialità teatrale. Il che è già di per sé un paradosso.
Siamo nel paradosso, sul crinale tra ciò di cui si può parlare e ciò di cui si può soltanto ridere.
E ridere sia. Ma non senza un brivido, un piccolo brivido, di orrore.

La trama è avvincente, i personaggi imprevedibili, le sorprese non mancano, gli ingredienti sono i soliti, quelli che servono, quelli che usano tutti, per farci ingoiare quello che, per natura, ci sarabbe indigesto: la morte, e i sassi.
Intrattenimento e sollazzo garantiti.

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